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La Battaglia del Pian Perduto
Il ricchissimo e originale patrimonio culturale dei Sibillini, in cui primeggia certamente il mito della Sibilla, comprende infinite altre “narrazioni”, altre storie, altre leggende, prodotte dal territorio. Tra queste s’inserisce a pieno titolo il racconto degli avvenimenti connessi alla “Battaglia del Pian Perduto”, una vicenda storica molto nota nella piana di Castelluccio e nella valle del Nera ma pressoché sconosciuta nel resto della regione. Si tratta di un episodio avvenuto il 20 luglio del 1522 che ha segnato il punto culminante di antiche controversie territoriali con la città di Norcia e si riferisce ad un pascolo perduto da Norcia e conquistato da Visso e le sue Guaite (Ussita e Castelsantangelo sul Nera). Ma la questione di particolare interesse è che l’intera vicenda è narrata in uno straordinario poemetto di 116 ottave, creato nell’antico linguaggio delle nostre zone da un pastorepoeta contemporaneo ai fatti, certo Berrettaccia di Castelsantangelo, che descrive in modo suggestivo, non scevro da accenti ironici e talvolta comici, la controversia che sfocerà nella battaglia e come i vissani riuscirono a prevalere benché inferiori di numero. "Ciorro gualdese da bisogno mosso, di Canetra nel bosco taglia un legno, di Norcia il guardian gli corre addosso, ma il bravo Ciorro lo fa stare a segno: Ogni norcin da questo fatto scosso, d’armarsi contro Visso fa disegno..."
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La Maga Sibilla
La Sibilla Appenninica non rientra tra le dieciSibille dell'epoca classica riportate da Marco Terenzio Varrone, nonostante le prime fonti su questa figura risalgano all'inizio dell'era imperiale. Un primo riferimento storico riconducibile alla Sibilla Appenninica si trova nella Storia dei Cesari di Svetonio, che, a proposito di Vitellio, accenna ad una veglia negli Appennini tenuta prima del suo ingresso a Roma nel 69 . Con l'avvento del Cristianesimo, l'origine pagana della Sibilla ne provocò un'interpretazione demoniaca, che è evidente nel romanzo cavalleresco Il Guerrin Meschino, scritto da Andrea da Barberino. In questo racconto, ambientato nell'anno 824, un cavaliere si reca presso la Grotta della Sibilla, sui monti Sibillini, per conoscere l'identità dei suoi genitori, ma la Sibilla lo trattiene tentandolo a peccare e rinnegare Dio. Questa interpretazione infernale è progressivamente incupita nelle successive versioni del romanzo, stese nel periodo dell'inquisizione (come quella del 1785 pubblicata a Venezia), nelle quali la figura della Sibilla è addirittura sostituita da quella della Maga Alcina. La fama della Sibilla era tale che Agnese di Borgogna inviò Antoine de La Sale a visitare la sua grotta il 18 maggio 1420. Da questa visita nasce Il Paradiso della Regina Sibilla, il diario di viaggio nel quale riporta disegni particolareggiati e descrizioni della grotta. Sulla più antica trama della leggenda della Sibilla Appenninica, a cui si erano ispirati sia Andrea da Barberino sia Antoine de La Sale nel XV secolo, nacque in Germania, sin dalla fine del Trecento, la leggenda del valoroso cavaliere Tannhäuser che si reca a Monte Sibilla, chiamato Venusberg, (Monte di Venere) e dopo essere stato per un anno tra le braccia di Frau Venus, da cui il nome Frau Venus Berg per la grotta, si reca dal Papa Urbano IV per avere l’assoluzione dai suoi peccati. Non la otterrà e ritornerà fra le braccia della sua tanto amata Venere. Il finale nella rielaborazione tedesca della leggenda s’inverte rispetto a quello del Guerrino e il Papa sarà condannato per l’eternità. È alla variante Tedesca della leggenda della Sibilla Appenninica e particolarmente all’eros trionfante nel finale che si ispirò Wagner per il suo Tannhäuser. Secondo la tradizione locale, la Sibilla è una fata buona, veggente ed incantatrice, ma non perfida o demoniaca circondata dalle sue ancelle che scendono a valle per insegnare a filare e tessere le lane alle fanciulle del posto.
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Pietro Capuzi
Prese parte alla Prima guerra mondiale da cui tornò ferito e dopo l'8 settembre 1943, si diede all'organizzazione della resistenza, riuscendo a costituire a Visso un importante centro di guerriglia partigiana. Amico di Sandro Pertini e di Carla Voltolina, fu commissario politico della Brigata Spartaco, ed entrò a far parte del comando umbromarchigiano delle Brigate Garibaldi. Sfuggì più volte ai tedeschi, che avevano messo sulla sua testa una forte taglia, ma fu catturato mentre stava compiendo una missione ispettiva. Dopo essere stato barbaramente torturato, fu fucilato in località Vena d'Oro di Ussita. Dopo la sua morte la Brigata Spartaco si riorganizzò e si fuse al Gruppo 202, formando il Battaglione Capuzi di stanza a Fiastra (Mc). Sul luogo della sua morte è stato edificato un monumento e a Pietro Capuzi è stata intitolata una targa commemorativa affissa sulla sua casa di Visso, un'omonima piazza a Visso, una strada di Macerata e la sezione ANPI dell'Alto Nera. Partigiano combattente, è stato insignito della Medaglia d'oro al Valor Militare alla memoria.
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Paolo da Visso
Originario di Aschio, antico possedimento del feudatario di Norcia, ceduto al comune di Visso nel 1255 e integrato nella Guaita Pagese, ora piccola frazione dello stesso comune, Paolo di Giovanni da Visso rappresenta la più importante personalità pittorica del territorio. Attivo tra il 1431/ 35 e il 1482, di lui si conoscono diverse opere distribuite tra Marche e Umbria (Castelsantangelo sul Nera, Visso, Pievetorina, Ussita, Montecavallo, Fiordimonte, Cascia e Norcia) delle quali una sola reca la sua firma: una piccola tavola su cui è rappresentata una Madonna in Trono con Bambino, realizzata per la chiesa di S. Maria dell’Oro a Terni, poi entrata a fdar parte della collezione de Musèe du Pètit Palais ad Avignone. L’artista compì il suo apprendistato in Umbria, presso la bottega di un maestro probabilmente folignate, in seguito, nel 1455, organizzò una propria bottega a Visso. Nella sua pittura si riconoscono influenze provenienti dalle esperienze dei maestri della Valnerina, dei pittori camerinesi, Arcangelo di Cola, Giovanni Boccati, Gioralamo di Giovanni e Angelo Antonio, e soprattutto nell’ultimo periodo della sua produzione, della pittura senese di Stefano di Giovanni, detto il Sassetta, e di quella veneta, mediata dalla straordinaria figura di Carlo Crivelli. Tra le opere più significative, oltre alla già menzionata Tavola d’Avignone, si possono ricordare: la Madonna del Voto, il Polittico di Nocelleto, entrambi conservati nel Museo Civico e Diocesano di Visso, la pala di Ascoli Piceno con lo Sposalizio Mistico di S. Caterina,San Bartolomeo e San Giovanni Battista alla Galleria Nazionale di Praga, Madonna in trono con Bambino affrescata nel Palazzo dei Priori di Visso. Suoi allievi furono Tommaso di Pietro da Visso, autore della Madonna con Bambino, S. Stefano e S. Michele Arcangelo, realizzata per la sala pubblica della Guaita di Castelsantangelo, Luca Raimondo e Benedetto di Marco di Castelsantangelo.
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Giuseppe Rosi - poeta pastore
Poeta, mazziniano, patriota, entrò nelle file garibaldine fino a diventare capitano nello Stato Maggiore; partecipò alla difesa della Repubblica Romana nel 1849 e poi alla II Guerra d'Indipendenza. Nei documenti della polizia pontificia, che continuava ad arrestarlo, era citato come il poeta pastore per la sua facilità ad improvvisare rime.Tanto significativo il suo status di improvvisatore che l'interrogatorio seguito all'arresto (21 marzo 1850) si risolve da un lato nella trascrizione della citazione a memoria di un suo componimento in terza rima, 23 strofe in lode di Pio IX (Oh Italia, Italia, dolce suol natio), dall'altro nel minuzioso resoconto di alcuni contesti e protocolli performativi. Tutto volto, ovviamente, a dimostrare la totale estraneità del Rosi stesso rispetto agli ambienti radicali capitolini ed ai fatti imputatigli.